Una visita a Vigamus, il museo dei videogiochi a Roma

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Abituati come siamo ai videogiochi fluidi e iperrealistici dei giorni nostri, fa quasi tenerezza e crea una certa nostalgia vedere come erano i videogame ai primordi. Ci si trovava con gli amici a giocare davanti a un schermo che ora ci sembra così rudimentale, muovendo il joystick per pomeriggi interi, fino a quando le dite non facevano male, combattendo creature e aliene e micro-fantasmi.

Tutto questo mondo ritorna prepotentemente nei ricordi di chi visita Vigamus, the Videogame Museum of Rome, che è il primo museo di questo tipo nel nostro paese e secondo in Europa, dopo quello di Berlino. L’esposizione (ubicata in via Sabotino 4 nel piano interrato di un edificio del Comune) si estende su 1000 m2, copre un arco temporale di 54 anni, precisamente dall’anno 1958 a oggi, per un totale di 250 cimeli di piattaforme come Commodore 64, Atari 5200, per poi passare a Nintendo, XBox e PlayStation, senza dimenticare le console portatili come Gameboy: un riassunto di storia da leggere sui pannelli informativi, vedere nei filmati e giocare di persona.

Dal bianco e nero dei primi Tetris al colore dei Pokemon; e come dimenticare PacMan e l’alba degli sparatutto, gli inimitabili Space Invaders, il Teleflipper, Death Race, e il mitico Tennis for Two sullo schermo di oscilloscopio. Pezzi unici o molto rari che meritano di entrare nella storia dell’umanità per il loro valore artistico e videoludico.

Oltre all’esposizione nelle teche (un po’ sacrificate e in locali poco ariosi, a dire la verità), nel museo esiste un locale riservato alle lezioni di programmazione, un auditorium per le conferenze e una sala interattiva.


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