Yakuza 4: la SEGA torna a farci tremare con uno dei suoi capolavori
Di Luca GrassiaPrima di recensirvi Yakuza 4, vorremmo informarvi su alcuni punti cruciali del nuovo capitolo SEGA: innanzitutto, non sono presenti (come non lo erano nel terzo capitolo), traduzioni dei testi o sottotitoli in italiano; quindi se non con la lingua giapponese, non capirete molto della storia tradotta in un pessimo inglese – purtroppo. La serie ruota intorno a lunghissimi filmati e intermezzi e abbonda di dialoghi, quindi non è possibile sorvolare su questo particolare, calcolando solamente le parti di picchiaduro. E seconda cosa, ma non meno importante, sono state reintrodotte le parti “tagliate” nel precedente capitolo, che avevano mantenuto il gioco sulla via della decenza: ora invece, sono presenti hostess club e centri massaggio, che fanno parte addirittura della storyline di uno dei personaggi del gioco.
La vera novità di questo titolo è che avrete da giocare ben quattro storie di quattro personaggi differenti: vi occuperanno circa una decina di ore in totale. Invece che raccontarci la storia di ognuno dalla classica prospettiva, SEGA ha preferito spiegarci che ogni personaggio è un tassello fondamentale per una storia che iniziò nel lontano 1985 ed è terminata nel 2010. Il genere del gioco è rimasto invariato, forse (fortunatamente) ci sono meno scene comiche che alleggerivano il terzo capitolo. Non ci sono parti di gioco che possano essere definite “leggere”, a parte magari personaggi strani e missioni secondarie. Il gioco porta nel vivo dell’azione fin dall’inizio, mantenendo alto il livello di pathos per tutto il capitolo, anche se il gameplay è restato invariato, preistorico: allora la casa madre, ha deciso di immettere nel titolo per far sì di attirare nuovi fan, tecniche di combattimento inedite e nuove storyline da seguire.
Benché appunto i controlli siano rimasti gli stessi dei capitoli precedenti (infatti la maggior parte delle volte userete due tasti al massimo), il combat system non viene appiattito se decidete di utilizzare una strategia o una tattica nell’attaccare i nemici. Durante le visite in città, potrete usare i calci e pugni tradizionali o le armi da fuoco, oltre che gli oggetti che troverete per il vostro cammino (anche se dipende dal peso dell’oggetto e dall’eroe che utilizzate). Tornano i punti esperienza da spendere in tecniche da apprendere totalmente nuove e tornano anche le “rivelazioni”, attimi in cui dovrete fotografare determinati momenti quotidiani in città, per apprendere mosse inedite, senza intaccare i vostri amati punti esperienza. Sono stati infine inseriti dei minigiochi che variano da personaggio a personaggio, aumentando la longevità del titolo SEGA.
Quindi girovagherete per la città, stoppati dagli snervanti combattimenti, utili nel proseguimento e nel sorpasso di certi livelli, il tutto condito dagli splendidi spezzoni di filmati che narrano la storia. La città ha guadagnato nuove location, come i tetti. utilizzati come scorciatoie o come percorsi per sfide di corsa. Così, il gioco non ha migliorato solo il gameplay per dare l’idea di uno svecchiamento, ma ci chiede di essere giocato tutto in un fiato e di arrivare alla parte finale della trama; la storia appunto, cattura il giocatore e ci si sente inclusi nelle vicende che accadono.
I personaggi, il vero punto di forza di questo capitolo, non sono bidimensionali. E ci regaleranno momenti indimenticabili grazie al magnifico intreccio narrativo e alle splendide cut-scene. A livello tecnico, forse siamo ancora a Yakuza 3, dove sono presenti texture poco brillanti e animazioni robotiche, ma sono particolari che riescono a passare facilmente in secondo piano, grazie anche ai boss che per il lavoro svolto dai motori grafici SEGA, regalano espressioni facciali che portano il gioco a un gradino più alto verso la realtà.
Vi assicuriamo che un otto e mezzo su dieci questo titolo lo raggiunge: nonostante i pochi cambiamenti nel gameplay, si differenzia dal suo precedente per varie caratteristiche, tra cui la trama realizzata degnamente o la totale assenza di noia tra i momenti filmati e quelli giocati. Certo, nonostante le mille cose da fare, il sistema di gioco è rimasto molto tradizionale e la lingua inglese blocca l’interesse per la storia, ma sono punti secondari alla fine. Da avere se avete amato Tekken.
Luca Grassia
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